L’algoritmo dell’MIT che potrebbe velocizzare il web

L’algoritmo dell’MIT che potrebbe velocizzare il web

Uno strumento open source potrebbe arrivare ad aiutarci a regolare quell’ammasso di video in autoplay e pubblicità che è diventato il web oggi.

Annunciato mercoledì mattina, Polaris è un framework software che cerca di dare una spinta al web, andando a lavorare sull’interazione tra web browser e web server.

Sviluppato da un team di ricercatori del Computer Science and Artificial Intelligence Lab all’MIT, il framework potrebbe ridurre i tempi di attesa delle pagine web del 34 percento.

Normalmente, quando si digita qualcosa tipo atomtimes.com nella barra degli indirizzi, il browser contatta il server e preleva oggetti HTML, JavaScript e immagini. La situazione si può impantanare quando questi oggetti richiamano a loro volta altri accoppiamenti—un frammento di codice in JavaScript, per esempio, che diventa poi necessario per prendere altre immagini nella galleria.

Dato che molti siti odierni sono carichi degli elementi più disparati—dai banner pubblicitari ai video in autoplay, senza dimenticare i bottoni da social media che ti implorano di condividere o mettere mi piace a un articolo, non c’è da stupirsi del fatto che siano così lenti quando caricano, in particolare sui dispositivi mobile.

“Questa situazione appesantisce il tempo di caricamento delle pagine mobile,” spiega Ravi Netravali, ricercatore PhD al Computer Science and Artificial Intelligence Lab dell’MIT. “Per accelerare i caricamenti di pagina, la nostra idea era trovare un modo per ridurre il numero di volte che contattiamo il server e/o ridurre il ritardo che può verificarsi. Abbiamo deciso di provare la prima strada.”

Polaris lavora mappando tutti questi accoppiamenti preventivamente, così che il browser possa richiedere dati in modo più efficiente. Questa cosa aiuta a far sì che il browser non chieda in modo azzardato dati tipo immagini e JavaScript in sequenze non ottimizzate. “La questione era,” ha detto Netravali, “come possiamo ridurre il numero di giri in tondo che il browser deve fare quando recupera dati?”

Si tratta di un approccio radicalmente diverso rispetto a quello usato da alcuni browser per mobile come Opera, che spingono internet ad andare più veloce, con un trucco noto come compressione dati, che schiaccia le dimensioni dei file prima che questi raggiungano il dispositivo in questione. “La banda per le reti cellulari è piuttosto alta,” ha detto Netravali, riferendosi alla disponibilità di reti 4G (e al 5G in via di sviluppo). “La compressione è utile quando hai una banda bassa, che ti impone di mandare solo un certo tot di dati in un certo intervallo di tempo, ma non serve a ridurre il tempo di caricamento di una pagina, quando il problema in questione non sono le dimensioni dei dati.”

A questo punto, quale futuro attende Polaris? I ricercatori intendono rendere il framework open source, così che altri sviluppatori abbiano la possibilità di creare estensioni browser basate sulla stessa tecnologia.