La Silicon Valley contro Trump: gli ultimi sviluppi dei Big dell’hitech

La Silicon Valley contro Trump: gli ultimi sviluppi dei Big dell’hitech

Arrivano nuovi sviluppi sulla “battaglia” che vede da una parte l’intera Silicon Valley e dall’altra il presidente degli  Stati Uniti, Donal Trump, tanto criticato in questi ultimi giorni per la legge sull’immigrazione che sta bloccando centinaia di persone fuori dagli Stati Uniti, anche se provviste, in alcuni casi, della green card.
Una situazione davvero molto difficile che ha fatto nascere molto polemiche ed ha innescato un’immediata reazione da parte di tutte le più grandi aziende hitech presenti nella Silicon Valley; quest’ultime infatti hanno da subito offerto il loro aiuto legale e logistico a tutti i dipendenti in difficoltà, rimasti bloccati fuori dagli Stati Uniti.
Una situazione delicata che ha portato a nuovi sviluppi da parte delle grandi aziende hitech:

Apple sta pensando di ricorrere a via legali, infatti in un’intervista al Wall Street Journal, Tim Cook, CEO di Apple, ha dichiarato che è personalmente in costante contatto con diverse persone importanti all’interno della Casa Bianca e sta seriamente pensando di ricorrere a vie legali, perchè l’azione di Trump sta mettendo in difficoltà centinaia di dipendenti.

Amazon invece sta supportando l’azione legale che iniziato lo stato di Washington, il quale ha formalmente fatto causa all’amministrazione Trump. Lo stesso Jeff Bezos, CEO di Amazon, ha dichiarato pubblicamente in questi giorni, il supporto suo e della società a favore dello stato di Washington.

Microsoft invece, tramite il responsabile del team legale di Redmond, Brad Smith, ha dichiarato che farà richiesta formale di eccezione al provvedimento per i “Viaggiatori conosciuti responsabili con necessità pressanti”. Quindi un’eccezione che non prende solamente i dipendenti Microsoft, ma tutti coloro che possono rientrare in questa “categoria”. Microsoft, comunque, nel documento ufficiale specifica che 76 suoi impiegati sono ora colpiti dal provvedimento.

Google e Twitter hanno invece puntato sulle donazioni e soprattutto sugli scioperi; infatti ben 2000 dipendenti Google in 8 campus differenti, hanno scioperato contro il provvedimento, organizzando grandi proteste e manifestazioni. Inoltre i googlers hanno raccolto già 2 milioni di dollari circa, da donare in beneficenza alle diverse organizzazioni umanitarie.
In Twitter, i dipendenti, hanno invece raccolto circa 1,6 milioni di dollari, donati all’organizzazione per i diritti civili ACLU (American Civil Liberties Union); un’associazione che, secondo Reuters, ha già raccolto ben 24 milioni di dollari in una sola settimana, circa sei volte quello raccolto in tutto il 2016.

Il CEO di Uber ha deciso di uscire dal ruolo di consigliere di Trump, dato che per questa posizione, l’azienda ha avuto ben 200.000 cancellazioni di account da parte degli utenti come segno di protesta; un forte colpo per la società che ha portato subito il CEO di Uber ha rilasciare una dichiarazione per chiarire la sua situazione:

La mia entrata a far parte nel consiglio non implicava né un supporto al presidente né alla sua agenda, ma è esattamente così che è stata interpretata.

Cosa ben diversa ha fatto invece il Elon Musk, CEO di Tesla, che ha deciso di rimanere nel consiglio di Trump, nonostante le tante proteste da parte degli utenti, perchè ha spiegato che lui svolge il ruolo di consigliere e quindi deve solo fornire consigli e feedback, ma ciò non significa che concorda con le azioni di Trump e della sua amministrazione.

Tutte le grandi aziende si stanno muovendo contro Trump e la sua amministrazione, ed a quanto pare, molti “big” della Silicon Valley come Alphabet, Apple, Facebook, Microsoft, Uber e Stripe, hanno perfino redatto una lettera di protesta indirizzata al presidente degli Stati Uniti e il famoso Redcode sembra che sia riuscito ad ottenere una bozza di questa lettera, che potete leggere a questo indirizzo.
In sintesi, le società esprimono preoccupazione per il fatto che il provvedimento colpisce indiscriminatamente anche lavoratori onesti e si offrono per aiutare nell’individuazione di misure alternative e più eque.

Anche da New York, l’associazione no-profit Tech:NYC, ha scritto una lettera a Trump, molto simile a quella redatta dai Big della Silicon Valley, ma ricordando al presidente, che molte delle grandi aziende che influiscono e fanno crescere l’economia americana siano state fondate o co-fondate da immigrati, Google, Tesla, LinkedIn, Intel, Yahoo!, eBay, WhatsApp ed tante altre.
La lettera è lunga quasi una pagina, ma le firme di coloro che la sottoscrivono occupa cinquantotto pagine. Nel gruppo sono incluse società come IndieGoGo, Kickstarter, Trello, Vine e Slack.

 

 

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